Qualche giorno ho tenuto la mia docenza al Master organizzato da 24Ore Business School in Cybersecurity e Data Protection. E’ la mia terza docenza in questo contesto ma questa volta siamo riusciti ad organizzare la sessione in presenza. Bisogna dirlo: è tutta un altra cosa. Sono un convinto sostenitore del lavoro da remoto e del lavoro agile e in questo contesto va anche apprezzata l’esperienza “dal vivo” laddove questa porta valore.

Se l’esperienza ha portato valore ai colleghi in aula lo dovranno dire loro, apprezzati i feedback di chi leggerà questo post. Ha sicuramente portato valore a me che, nel poter guardare in faccia i colleghi, ho potuto ricevere immediati feedback anche solo dagli sguardi dei presenti e, tema non banale, ho apprezzato una maggiore partecipazione.
Tutti temi scontati e ovvi? Probabilmente si, ma in un mondo in cui la soggettività sta emergendo in modo preponderante non so quanto l’ovvio, inteso come senso comune, sia veramente ovvio. Di questa riflessione pseudo-sociologica, che ho letto non mi ricordo dove, ha trovato un chiaro esempio a questa ultima sessione del Master grazie ad una domanda.
Durante la sessione si è spesso parlato di rischi percepiti in riferimento al fatto che molte aziende non conoscono come alcune minacce cyber si manifestano, situazione che porta le aziende ad ottenere una cattiva postura di sicurezza. Di questo tema ho molto parlato in passato parafrasando Sun Tzu che a tal proposito suggerisce di sviluppare una buona conoscenza del nemico per definire una buona strategia di difesa.
Mostrando alcuni elementi “base” di ciò che i threat actor osservano delle proprie potenziali vittime e di come vengono sfruttate determinate informazioni apparentemente di poco conto una domanda ricorrente è stata: “ma le aziende sono consapevoli?“. Domanda estremamente corretta visto il contesto è che punta ad un tema che è forse il vero punto di partenza di un percorso, in ambito sicurezza informatica, che abbia veramente un senso. Come è possibile che elementi che sono ovviamente – dal mio punto di vista – sfruttabili da potenziali avversari siano così poco gestiti dalle organizzazioni?
Non ci sono scorciatoie per ottenere una buona postura di sicurezza, necessariamente dobbiamo prima maturare una certa consapevolezza di ciò che dobbiamo affrontare, ognuno nel nostro campo (non esiste solo il mondo tech). Adottare soluzioni che fungono in realtà da rimedio temporaneo ad un malessere che non abbiamo compreso bene rischia di non farci raggiungere l’obiettivo. Ogni tanto qualcuno afferma che sia “meglio di niente” in riferimento all’introduzione di nuove tecnologie o servizi pensati per la sicurezza informatica. Probabilmente lo è, ma in questo paragone dovremmo cominciare ad inserire anche il peso di un falso senso di sicurezza. Le classiche situazioni da “porte blindate e finestre aperte” sono fin troppo frequenti e non rappresentano un miglioramento.
E’ corretto portale l’attenzione sulla consapevolezza, cosa che possiamo acquisire visto che siamo capaci di ragionare ed assimilare informazioni.
Questa sessione del Master ci ha dato modo di confrontarci direttamente oltre che presentare ciò che era in programma. Il confronto diretto resto, per me, uno strumento potentissimo che vorrei continuare ad incentivare. In questo momento chi vuole confrontarsi con me e con gli altri attori di questo mondo mi trova sempre disponibile su LinkedIn ed ogni venerdì sera in una Live dedicata su Twitch. Vi aspetto.