cyber security, hacking

Threat-Led Penetration Testing

Oggi snoccioliamo qualche bella sigla e partiamo con TLPT. La prendo larga: come si fa a capire se le scelte fatte da una organizzazione, in termini di difesa dalle minacce informatiche, funzionano e in che grado funzionano?

Prima di darci una risposta ripassiamo il concetto di DIFESA, termine con il quale ci vogliamo riferire alla capacità di una organizzazione di reagire ad una minaccia. Non stiamo quindi parlando dei soli sistemi di protezione che ne fanno ovviamente parte (es: sistemi anti-malware, servizi MDR, ecc), ma dall’intera strategia di identificazione e gestione degli incidenti di sicurezza. Per essere chiari e lapidati: avere un ottimo sistema di detection, per quanto magico e ben configurato, non è una strategia di difesa, è uno strumento utile che deve far parte di una strategia più ampia.

Ora possiamo tornare alla domanda iniziale. La mia risposta (e non solo la mia) è: mettendo alla prova l’organizzazione. Ora, che ci crediate o no, l’unico modo per mettere alla prova un’organizzazione in tal senso è vedere come reagisce quando sottoposta ad un attacco informatico, tutto il resto sono chiacchiere.
Ci sono molte attività indispensabili che servono ad identificare falle specifiche con l’obiettivo di costruire un piano di miglioramento costante della propria postura. Possiamo eseguire molte tipologie di assessment, definire piani di formazione, adeguare costantemente i sistemi e le procedure, ma per vedere se l’impalcatura regge bisogna dargli qualche scossone.

Nulla di nuovo sotto al sole, chi lavora nel campo dell’offensive security propone questo approccio da anni. La citata sigla sta per Threat-Led Penetration Testing, per gli amici Red Teaming: sottoporre un target ad una serie di azioni controllate e concordate che facciano uso di metodologie e strumenti tipicamente in uso ad un attacker.

E’ un tema che recentemente si sta discutendo più frequentemente rispetto a qualche mese fa, probabilmente in conseguenza a quanto riportato nella Guida nazionale TIBER-IT, in riferimento al framework TIBER-EU. Le direttive in questione sono state pensate per il settore finanziario, storicamente un po’ più attento ai rischi legati alle moderne minacce cyber. A mio parere è un tema su cui tutti i settori dovrebbero cominciare a ragionare seriamente.

Ovviamente il tema va opportunamente declinato nei singoli contesti: stiamo parlando di applicare una metodologia che, sulla base del tipo di target, può prevedere strumenti, competenze e costi diversi. Il costo per un’azienda interessata va quindi valutato sulla base del contesto di riferimento che per ovvie ragioni avrà molte peculiarità da tenere in considerazione.

A cosa serve simulare un’azione di attacco? Personalmente non vorrei scoprire che qualcosa nella mia strategia non va a seguito di un attacco vero. Le aziende strutturate sono spesso molto complesse, è poco realistico fare previsioni a tavolino su come reagirà il “sistema”, nel complesso, a certe sollecitazioni. Per chi lavora in questo ambito sto dicendo delle ovvietà enormi, fattore in contrato con la realtà odierna in cui un numero al momento troppo basso di aziende si sta realmente muovendo in questa direzione.

Visto che si tratta dell’ennesimo argomento complesso gli dedico uno spazio nella prossima live del 21 gennaio sul mio canale Twitch.

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